Il nostro ordinamento stabilisce che i genitori sono tenuti al mantenimento dei figli maggiorenni fino al raggiungimento dell’indipendenza economica, individuata come quella condizione che permette ai figli ormai maggiorenni di provvedere in modo autonomo alle loro necessità.
Di conseguenza, per il mantenimento dei figli maggiorenni non è previsto un limite di età: l’obbligo dura fin quando il figlio inizi un’attività lavorativa con adeguata capacità reddituale per poter provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita, come stabilito dalla stessa Corte di Cassazione.
Difatti, con sentenza n. 38366/2021 la Suprema Corte, in ordine al diritto al mantenimento da parte del figlio maggiorenne, ha enunciato il seguente principio di diritto:
“ In materia di mantenimento del figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l’esclusione del relativo diritto, oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e di cui è gravato il genitore che si oppone alla domanda, sono integrati: dall’età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all’età via via più elevata dell’avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento; dall’effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro”.
Al principio enunciato si accompagna l’ulteriore, a completamento e piena composizione del primo, per il quale:
“Là dove il figlio, che abbia ampiamente superato la maggiore età, non abbia reperito, spendendo il conseguito titolo professionale sul mercato del lavoro, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non è l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore destinato a soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, ma altri strumenti di ausilio che, ormai di dimensione sociale, restino finalizzati a dare sostegno al reddito, fermo l’obbligo alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso”.
Pertanto, affinché il figlio maggiorenne sia ritenuto economicamente autonomo, non è sufficiente un qualsiasi impiego o reddito, come ad esempio un impiego limitato nel tempo, bensì un’occupazione tale da riuscire a soddisfare le proprie necessità autonomamente.
Pertanto, il figlio maggiore diventa economicamente autosufficiente quando comincia a percepire un reddito che corrisponda alla professionalità che abbia acquisito rispetto alle normali condizioni di mercato.
Secondo la giurisprudenza più recente può, ad esempio, considerarsi economicamente autonomo il figlio che sia iscritto all’università ma lavori part-time, o che lavori presso strutture alberghiere con contratti stagionali ed a tempo determinato.
È considerato indipendente anche il figlio che svolge una regolare attività lavorativa, seppur con contratti a termine e guadagni contenuti.
Allo tesso modo, il figlio che abbia iniziato a svolgere la libera professione, dopo il superamento dell’esame di abilitazione e l’iscrizione all’albo.
Al contrario, la Suprema Corte non ritiene economicamente autonomo il figlio titolare di un contratto di apprendistato o che percepisca somme di denaro di modesta entità a seguito dello svolgimento di attività lavorative saltuarie o “a chiamata”.