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Separazione, divorzio e ripercussioni sui figli minori

27/12/2016

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La decisione di procedere alla separazione, oppure al divorzio, tocca molte famiglie, tanto che gli indici ISTAT, dal 2011 ad oggi, dimostrano un chiaro aumento del numero delle coppie che decidono di ricorrervi. E tra queste, molte sono le famiglie con figli minori, i quali vivono così direttamente questa esperienza.

Ecco allora che ci si chiede quale possa essere l’impatto di questa scelta sui soggetti deboli della relazione famigliare, ossia i minori.

Possiamo individuare due macro-categorie di effetti: a breve ed a lungo termine. In termini esemplificativi, gli effetti a breve termine possono consistere in:
  • mutamenti comportamentali (come ad es. maggiore aggressività, risentimento, rabbia nei confronti dei genitori, o scarsa collaborazione);
  • mutamenti emozionali (come ad es. senso di colpa o responsabilità per la rottura famigliare creatasi. Il senso di colpa è piuttosto frequente in tenera età, quando ancora il bambino non è in grado di acquisire consapevolezza circa ciò che sta accadendo. Il senso di responsabilità invece può tradursi nella tendenza, nel bambino, a comportarsi da genitore del genitore;
  • richiesta di maggiori attenzioni, che denotano il timore di essere abbandonati, accompagnati da sentimento di perdita e dolore;
  • deficit di attenzione e concentrazione, che può manifestarsi con un calo del rendimento scolastico.

Relativamente invece ai c.d. effetti a lungo termine, questi non è detto che si manifestino sempre; molto dipende dalla soglia di resilienza del bambino, vale a dire della sua capacità di adattarsi ai mutamenti. Talvolta gli effetti possono essere assorbiti nell’arco di qualche anno, altre volte invece possono accompagnare il minore fino alla vita adulta, con contestuale manifestazione di instabilità relazionale. A lungo termine, il giovane adulto può altresì mostrare comportamenti antisociali, tendenza alle dipendenze (alcol o droga), o tendenza ad instaurare legami o convivenze in giovane età.


L’elencazione degli effetti di cui sopra, vale meramente a titolo esemplificativo, con l’accortezza di tenere ben presente che ogni bambino reagisce diversamente. In ogni caso, per prevenire l’insorgere di problemi o disagi, ai genitori che decidano di separarsi o di divorziare, si consiglia di tenere determinati comportamenti, utili nella gestione e nel rapporto con il figlio. Anzitutto è importante ascoltare il minore, offrirgli un margine di spazio per permettergli di manifestare suoi dubbi, paure o perplessità, mantenendo un dialogo costante e continuo.

Inoltre, non bisogna cadere nell’errore di voler tenere nascosto al bambino il cambiamento che sta verificandosi; i bambini sono infatti molto sensibili a captare aria di menzogne; è dunque essenziale essere sinceri ed onesti, cercando di evitare di coinvolgerli nelle liti tra genitori, e non addossando colpe o denigrando l’altro coniuge.

Quando ci si divorzia, è normale poi ricostruirsi una propria vita con un altro partner; ciò non toglie che al minore questa nuova quotidianità vada presentata in maniera graduale, nel rispetto della sua capacità di accettare positivamente che una nuova persona possa stare al fianco del proprio genitore.


In conclusione è dunque essenziale che la coppia agisca nella consapevolezza di preservare quello che, per usare un’espressione giuridica, è chiamato best interest of child, ossia il superiore interesse del minore.
Se ci si comporta avendo ben presente questo principio è intuibile che la separazione o divorzio potranno essere delle soluzioni positive, di sollievo per quei figli minori costretti a vivere quotidianamente liti e soprusi che si consumano tra le mura domestiche.

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I 3 grandi errori da evitare nella scelta dell'avvocato

27/11/2014

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Si sa, purtroppo nella vita prima o poi toccano a tutti delle disgrazie.

Si prova a tenersene lontani con scongiuri, con grandi e piccole scaramanzie, con offerte agli Dei e tattiche dilatorie… ma inevitabilmente arriva per ognuno il maledetto giorno in cui ci si rende conto di aver bisogno di un avvocato! Del resto, mica potete pensare che i guai capitino sempre agli altri, no?Ebbene, datemi retta: quando quel momento arriva, è meglio premunirsi per evitare ulteriori drammi. Già è orribile il pensiero di doversi recare da questa figura mitologica a metà fra un serpente piumato ed un licantropo… cerchiamo almeno di non commettere ulteriori errori.

Ce ne sono tre, più consueti:

1) Mi serve un avvocato bastardo, così distruggo l’avversario.
Sfatiamo un mito, amici miei. Gli avvocati “bastardi” di solito lo sono sempre, non solo quando fa piacere a voi. In altre parole sono innanzi tutto “bastardi dentro”. Se non hanno scrupoli con l’avversario state tranquilli che non ne avranno nemmeno con voi, ed anzi, è molto probabile che proprio voi sarete le loro prime, spesso uniche, vittime. Dovete sapere infatti che di solito tali colleghi “ringhianti” sono ben conosciuti nell’ambiente, sia dagli altri avvocati che dai giudici, e per questo ampiamente disistimati ed ostacolati. Raramente riescono a sortire risultati positivi. Tranne che a loro favore, naturalmente, facendosi pagare fior di parcelle.

2) Mi occorre un avvocato bravo, quindi vado dal migliore.
Ahimè, dovete sapere che “l’avvocato migliore” è una proiezione del nostro desiderio di assistenza. Come tale, però, è solo una illusione. Esistono i grandi studi “di moda”, è vero, ma di solito sono tali perché si fanno pagare moltissimo, soprattutto per l’immagine e la struttura. Se vi rivolgete ad uno di questi, è molto probabile che l’incarico sia preso dal suo notissimo titolare (che poi vi presenterà una parcella adeguata al suo nome), ma che il lavoro venga effettivamente svolto da uno dei più giovani di studio. Perciò, meglio è informarsi fra parenti ed amici per individuare un professionista onesto e diligente, di cui si abbia già avuta esperienza e di cui si siano già verificate queste due doti essenziali e decisive. Poi, nel colloquio che avrete con lui, sentirete “a pelle” se potrete fidarvi o meno. Di regola, ciò basterà ampiamente a farvi ottenere ragione, se l’avete.

3) In fondo se ho ragione vincerò comunque, quindi non mi serve un avvocato di fiducia, mi basta quello che si fa pagare di meno.
Eh. Magari fosse così semplice! Partiamo da un dato di fatto: nessuno lavora gratis. Ne voi, ne l’avvocato. Quindi, se lo pagate poco è perché… lavora poco.
La strada opportuna è invece quella che vi fa pagare il giusto in relazione alla qualità dell’impegno che ottenete. E qui affrontiamo il secondo punto: non è detto che “aver ragione” vi consenta di ottenere per ciò solo un giudice che ve la riconosca. La verità processuale molto spesso è diversa da quella reale, ed è necessaria una grande collaborazione fra voi ed il vostro legale di fiducia affinché le due verità possano combaciare. Quello che conta davvero in un legale, e che fa la differenza, è l’esperienza, la capacità strategica di saper utilizzare gli strumenti normativi più adatti e tanto, tanto buon senso. Se riuscirete a trovare un avvocato così (ce ne sono, credetemi) sarete sulla buona strada per ottenere risultati accettabili. Ricordate però che pretendere onestà va bene se sarete voi i primi a garantirla, sia nelle informazioni che fornirete che nella ricompensa che riconoscerete.

Insomma: più conoscete il vostro legale, più lo eviterete nel futuro!

Fonte:http://contravvocato.blogspot.it/
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Come modificare gli accordi pattuiti nell'atto di separazione

16/9/2014

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E' possibile modificare i provvedimenti riguardanti l'affidamento dei figli e le questioni economiche dopo aver effettuato l'atto di separazione? Si, e non è così difficile come può sembrare.

Tutte le decisioni pattuite nell'atto di separazione riguardanti i rapporti personali con l'ex coniuge (come ad esempio l'affidamento dei figli e le questioni patrimoniali) possono essere modificate in qualsiasi momento. Come? Il procedimento non è così complesso come può sembrare.

Per chiedere al Giudice di modificare gli accordi pattuiti al momento della separazione basta presentare dei motivi giustificati in Tribunale. Le ragioni che posso portare alla modifica degli accordi di separazione devono sottolineare dei cambiamenti di fatto e di diritto rilevanti rispetto a quelli considerati al momento della separazione giudiziale o consensuale.

Facciamo qualche esempio:

hai appena ricevuto una promozione e un incremento dello stipendio? Il tuo ex coniuge potrebbe chiederti di aumentare in proporzione l'assegno di mantenimento che era stato precedentemente pattuito. Al contrario, invece, se hai perso il lavoro o se ti è stato diminuito lo stipendio, sarai tu a poter chiedere la diminuzione dell'assegno di mantenimento da versare al tuo ex coniuge;

se durante l'atto di separazione, il tuo ex coniuge non ha chiesto l'assegno di mantenimento, potrebbe chiederlo a seguito della perdita di lavoro, del taglio dello stipendio o di altri motivi validi;

nel caso in cui fossero coinvolti dei figli minori, il genitore non collocatario che ha diritto a vederli in giorni prestabiliti potrebbe richiedere l'assegno l'aumento o la riduzione dei periodi e delle tempistiche di visita nel caso in cui traslocasse all'estero o molto lontano dalla residenza dei figli.

Per modificare le condizioni di separazione è necessaria l'assistenza di un avvocato che faccia ricorso secondo le norme previste dal'art. 710 c.p.c. al Presidente del Tribunale . Una volta accertati i motivi di modifica proposti, il Tribunale emette un decreto motivato impugnabile con reclamo alla Corte d'Appello e attiva le procedure necessarie per revisionare l'atto di separazione.       

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I nuovi diritti dei nonni

16/9/2013

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Più tutela e garanzie per i nonni, che, grazie alla riforma, potranno vantare – e far valere in giudizio – il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti, ferma la valutazione sulla compatibilità delle loro richieste, con il superiore interesse del minore. Difatti, il codice civile [2] dispone oggi che “gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni”.

Non solo. Il nonno, paterno o materno, cui sia impedito l’esercizio di tale diritto, potrà ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del nipote, al fine di ottenere l’emissione dei provvedimenti più idonei per soddisfare le esigenze dei minori, quali il diritto a conservare e mantenere rapporti significativi con gli ascendenti.

I nonni entrano così tra i soggetti legittimati dalla legge a far valere, innanzi ad un’aula di tribunale, i propri diritti nei confronti del minore. Perché se è vero che la legge ha così voluto istituire una sorta di diritto ad avere un nipote, dall’altro lato – e forse a maggior ragione – ha creato le basi al diritto dei minori ad avere un nonno.

[1] Legge n. 219/12.

[2] Nuovo articolo 317 bis cod. civ.

Fonte:http://www.laleggepertutti.it/34823_i-diritti-del-nonno-nella-riforma-del-diritto-di-famiglia


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Separazione, come cambia l'assegno di mantenimento se mutano le condizione economiche

4/6/2013

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Separazione e assegno dio mantenimentoSeparazione e assegno di mantenimento.
Riduzione del mantenimento alla ex quando cambiano le condizioni economiche la Cassazione sancisce il principio della riducibilità del mantenimento stabilito dal Giudice della separazione, laddove siano mutate le reciproche condizioni economiche degli ex coniugi.
Allo stesso tempo, ribadisce l'obbligo del genitore al mantenimento del figlio maggiorenne libero da impegni scolastici e inoccupato non per sua colpa.
Nel caso affrontato, il ricorrente faceva valere in Appello - senza ottenere soddisfazione - l'avvenuta riduzione del suo reddito a seguito di pensionamento per motivi di salute, e il contemporaneo incremento del reddito dell'ex moglie che aveva nel frattempo trovato un impiego stabile e ricavato denaro dalla vendita di un terreno e dalla locazione di una casa di sua proprietà.
Chiedeva altresì, sempre senza successo, un ridimensionamento dell'obbligo contributivo nei confronti del figlio, il quale, a suo dire, aveva ingiustificatamente rifiutato un'opportunità di lavoro regolare, che gli avrebbe permesso di autosostentarsi.

Nel giudizio di legittimità la Corte modifica la sentenza dei Giudici di Secondo Grado relativamente alla mancata revisione dei rapporti economici fra gli ex coniugi, rinviando al giudizio di merito anche la determinazione della somma dovuto dall'ex marito. 

Per il resto conferma l'obbligo paterno di contribuire al sostentamento del figlio maggiorenne incapace di mantenersi da solo, il quale aveva dichiarato ai Giudici dell'Appello di aver rifiutato non già un'offerta di lavoro stabile, ma un posto di barista stagionale, che non avrebbe certo potuto garantirgli l'autonomia economica.

Fonte: Cassazione: Riduzione del mantenimento alla ex quando cambiano le condizioni economiche 
(StudioCataldi.it)


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Assegni per il nucleo familiare in caso di separazione o divorzio

10/4/2013

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In caso di separazione o divorzio, il genitore affidatario dei figli che non lavora può chiedere gli assegni per il nucleo familiare a suo nome, ma sulla posizione, tutelata, dell’ex marito.

Il genitore separato o divorziato, che non lavora e intende richiedere l’assegno per il nucleo familiare quale genitore affidatario, sulla posizione dell’altro genitore [1], deve presentare direttamente la domanda di prestazione che, se inoltrata al datore di lavoro, deve essere corredata dal modello di autorizzazione rilasciato dall’Inps.

In base a quanto previsto da una circolare dell’Istituto di Previdenza Nazionale [2], il riconoscimento del diritto all’assegno per il nucleo familiare snelle situazioni di separazione legale o di divorzio va definito secondo quanto segue.

Il nucleo è costituito dall’affidatario e dai figli affidati e il reddito familiare è quello corrispondente a tale composizione.

Naturalmente, l’assegno non potrà essere percepito ove non si realizzino le condizioni previste dalla legge, e in particolare quella che prevede che il totale dei redditi da lavoro dipendente e/o equiparato sia almeno pari alla percentuale del 70% del reddito familiare complessivo [3].

Quando invece il coniuge affidatario vive con i nonni, caso molto frequente in tempi di crisi economica, si può richiedere all'inps gli assegni familiari sulla posizione dei nonni e finanche dei bisnonni. 
[1] Ai sensi dell’art. 211 della L. 151/1975.
[2] Inps, circolare n. 48/1992.
[3] A cura di Fabio Venanzi.
Fonte: http://www.laleggepertutti.it

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Risarcito il coniuge separato a seguito della morte dell'ex consorte

18/1/2013

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La Corte di cassazione con sentenza n. 1025/2013, ha stabilito che se tra due ex coniugi separati continua a sussistere un forte legame affettivo, magari rafforzato dalla presenza di uno o più figli, ed uno dei due muore, a causa di un sinistro stradale, l'ex coniuge (vivente) può chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale, che deriva dalla sofferenza a seguito di un evento doloroso.

E' necessario dare la prova della sussistenza del forte legame affettivo tra i due ex coniugi, come lo stato d'animo che normalmente si subisce per effetto della perdita di un congiunto.
La misura del risarcimento, dato comunque che il matrimonio era già sciolto, è ridotta rispetto a quello che spetterebbe tra persone sposate.

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Separazione e divorzio. Differenza tra Alimenti e Mantenimento

9/1/2013

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Se moglie e marito si separano, alle pressoché immancabili ripercussioni sentimentali e psicologiche, soprattutto a danno dei figli qualora vi siano, si aggiungono più o meno complessi e gravi problemi di natura economica: assegnazione della casa familiare all’uno o all’altro coniuge, spartizione del patrimonio immobiliare e mobiliare, quantificazione dell’assegno di mantenimento da porre a carico del coniuge economicamente più forte, e assegno di mantenimento per i figli.

Quando poi, trascorso il periodo di legge (tre anni dalla comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale per la procedura di separazione), si passa dalla separazione al divorzio, si ripropone in questa sede il problema del mantenimento del coniuge più debole e degli eventuali figli.
Prima di addentrarci nella materia, però, è opportuno chiarire la differenza fra due istituti giuridici fra loro simili ma quantitativamente diversi: quello di alimenti e quello di mantenimento.

Gli alimenti
Gli alimenti (art. 433 del codice civile) si fondano sul vincolo di solidarietà che lega, o almeno dovrebbe legare, le persone fra le quali corre taluno dei rapporti indicati dalla legge: per esempio coniugio, parentela e affinità entro certi gradi.
Qualora si verifichi lo stato di bisogno dell’avente diritto (si deve trattare di persona compresa fra quelle indicate dalla legge e comunque non in grado di provvedere a se stessa), l’obbligato – o, se vi sono più obbligati, ciascuno in proporzione alle proprie sostanze – può scegliere fra il corrispondere all’alimentando un assegno a questo titolo, oppure accoglierlo e mantenerlo nella propria casa.
L’obbligo di somministrare gli alimenti viene meno, fra l’altro, se muore l’obbligato o se cessa lo stato di bisogno dell’avente diritto.

Il diritto agli alimenti ha natura patrimoniale (ossia ha un contenuto economicamente valutabile), ma a differenza degli altri diritti patrimoniali non è cedibile, essendo intimamente connesso, come già detto, allo stato di bisogno del titolare.

Il mantenimento
Concetto più ampio di alimenti è quello di mantenimento, consistente non nel somministrare all’avente diritto di che vivere, ma nell’assicurargli un tenore di vita proporzionato alla propria condizione economica; rientrano così nel concetto, per esempio, l’abbigliamento, l’istruzione, i mezzi di trasporto e di comunicazione (Cassazione 11/12/2008, n. n. 45809).

Di regola in sede di separazione o di divorzio quello che rileva è il mantenimento; al coniuge, però, cui sia addebitabile la separazione e che versi in stato di bisogno, spettano soltanto gli alimenti.

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Le 10 regole per "litigare bene" utili nella separazione e nel divorzio

7/12/2012

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Secondo lo psicologo americano John Gottman, esperto in relazioni di coppia, esistono 10 regole per "litigare bene". Possono essere utili anche a chi si appresta a separarsi o a divorziare.

  1. Parlare a lungo e civilmente     Comunicare al partner i propri sentimenti e le proprie sensazioni senza colpevolizzarlo, in senso assoluto, di essere il fautore (ad esempio: è meglio "Mi sento triste quando fai o dici..." piuttosto che "Tu mi fai sentire triste quando fai o dici...").
  2. Non assumere un atteggiamento difensivo     I comportamenti di difesa sono più comuni negli uomini.
  3. Non aggredire il partner alzando i toni di voce (più comune nelle donne) "Urlare la rabbia" non serve , non pone dalle parte della ragione e soprattutto non risolve il problema. La comunicazione si deve sempre mantenere mantenere nei toni della pacatezza e della distensione.
  4. Evitare frasi pungenti o pignole     Colpire deliberatamente l'altro con frasi irritanti offende la sua sensibilità, portandolo alla chiusura e alla difesa, e a volte ciò che si dice non può essere ritrattato, compromettendo la relazione.
  5. Cercare di chiudere il conflitto     Le tregue non sono certamente rimedi o soluzioni, ma poiché litigare stanca, a volte è necessario "smorzare" i toni della contestazione cambiando argomento, usando lo humor o decidendo di attendere qualche minuto per recuperare la calma e affrontare in seguito il problema.
  6. Evitare di litigare la domenica     Meglio il sabato, così vi è più tempo per discutere nuovamente di ciò che ha condotto alla discussione, e trovare il modo di riappacificarsi.
  7. Manifestare l'affetto     Sono utili a questo scopo anche gesti quotidiani o semplici: un abbraccio, cucinare insieme.
  8. Evitare di addormentarsi tranquillamente dopo una lite furiosa     (più comune agli uomini). Ciò, che ha condotto al conflitto l'indomani sarà nuovamente presente, e sopratutto l'altro partner troverà frustrante tale comportamento, considerandolo una mancanza di interesse e di attenzione.
  9. Ricordarsi che il problema è di coppia, non di uno solo     E' nell'avere un differente "punto di vista" che nasce la contestazione, ma magari è stato proprio questo che ci ha attratto all'inizio.
  10. Avere il coraggio di riconoscere i propri errori e chiedere scusa al partner     è anche segno di intelligenza.
John Gottman, psicologo, è specializzato in consulenza matrimoniale e in psicologia dello sviluppo. Insegna all’Università di Washington. Tra gli innumerevoli libri ha pubblicato anche in Italia "Intelligenza emotiva per la coppia.

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Tutela del patrimonio nella separazione. Niente comunione per i titoli acquistati con risorse proprie.

26/11/2012

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Restano personali i titoli acquistati con i proventi della vendita di un immobile di proprietà esclusiva. Cadono in comunione, invece, gli importi impiegati per acquistare beni che concorrono a formare il patrimonio di entrambi i coniugi. A puntualizzarlo è la Cassazione, sezione prima civile, con la sentenza 19454/2012. 

E' la vicenda una donna che, a seguito di sentenza irrevocabile di separazione, decide di chiedere al giudice lo scioglimento della comunione legale, che ha per oggetto un immobile e alcuni titoli. Il tribunale, accertata la comproprietà dell'appartamento, ne dispone la vendita per poi spartire il ricavato in parti uguali. Stessa sorte per i valori mobiliari, con condanna del coniuge alla restituzione della metà all'ex moglie.Ma l'uomo impugna la pronuncia: l'immobile – rileva – non è mai caduto in comunione, poiché comperato con il ricavato della vendita di un bene di sua esclusiva proprietà.

Di qui, la richiesta della restituzione delle somme prelevate dal suo patrimonio e poi investite. Per le stesse ragioni, l'uomo pretende che gli sia riconosciuta la piena titolarità dei valori acquistati con personali risorse.La Corte d'appello, però, accoglie solo parzialmente le sue domande: al momento della traslazione, precisa, non sono sono state osservate le prescrizioni dell'articolo 179, comma 2, del Codice civile – espressa dichiarazione sulla natura personale delle somme impiegate per l'acquisto e partecipazione dell'altro coniuge – che avrebbero consentito di salvare il bene dalla comunione.

L'immobile, pertanto, va senz'altro dichiarato bene comune, così come gli importi usati per l'acquisto, dei quali si nega la restituzione all'appellante. Viene soddisfatta, invece, la richiesta dell'uomo circa il riconoscimento dell'esclusiva titolarità dei valori mobiliari, frutto di un suo personale investimento.

Di opposto avviso è la coniuge, che propone ricorso, insistendo per la caduta in comunione anche dei titoli, siccome non espressamente esclusi da tale regime legale.La Cassazione non concorda con la ricorrente.

In base all'articolo 179, comma 1, lettera f), gli acquisti effettuati con il prezzo del trasferimento dei beni personali – spiega il collegio – conservano «tale qualità purché ciò sia espressamente dichiarato» nel l'atto di compravendita. Tuttavia, la norma si riferisce a «beni diversi da quelli immobili e mobili registrati».

Ed è solo per questi ultimi che il comma 2 dell'articolo 179 del Codice civile richiede sia la partecipazione dell'altro coniuge alla traslazione, sia il «concorde riconoscimento della natura personale del bene e l'effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione della comunione» indicate tassativamente nel Codice. Il legislatore, pertanto, ha distinto il regime giuridico relativo ai beni mobili, da quello degli immobili, escludendo solo per i primi la necessaria condizione della partecipazione dell'altro coniuge all'acquisto (indispensabile, invece, per le traslazioni immobiliari). 
Inoltre – concludono i giudici di legittimità – la dichiarazione indicata nella lettera f) dell'articolo 179, comma 1, del Codice civile non occorrerebbe se fosse provata con certezza la provenienza delle risorse per l'atto traslativo dal trasferimento di beni personali. Così, nel caso concreto, pur caduto in comunione l'immobile acquistato dal coniuge con denari propri, sui titoli – accertata la natura personalissima delle somme usate dall'uomo per gli investimenti – egli aveva conservato l'esclusiva proprietà.
Fonte: IL SOLE 24 ORE


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