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Tenere fuori i bambini dai conflitti

25/3/2015

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È molto importante che le coppie in via di separazione o di divorzio, tengano i figli, soprattutto se minori, fuori da ogni conflitto. Anche se la separazione può essere molto dura per entrambi i coniugi, è fondamentale ricordare questo: I figli non sono terapisti. Non devono essere coinvolti nelle questioni degli adulti, perché non sono adulti e, se non strettamente necessario, non devono avere nessuna informazione riguardo alla separazione in corso, perché non hanno gli strumenti per comprendere ed elaborare correttamente una situazione così dolorosa e difficile.

Per essere sicuri che I figli vengano tenuti fuori da ogni tipo di conflitto, i coniugi non devono:

  • Chiedere ai figli di scegliere da che parte stare o di passare più tempo con un genitore piuttosto che con l’altro.


  • Far sentire i figli in colpa perché passano del tempo con l’altro coniuge, anche se principale responsabile della separazione (es. in caso di tradimento), né farli sentire in dovere di mettersi contro di lui, considerando il tradimento verso se stessi come un tradimento verso la famiglia. Un coniuge tradisce o lascia l’altro coniuge, non i figli.


  • Parlare davanti ai figli di questioni inerenti al divorzio né di qualunque altra questione ad esso connessa.


  • Buttare il carico emotivo sui figli aspettandosi conforto, complicità e sostegno. È un carico troppo grosso, i bambini non sono in grado di sostenere un genitore e, nel tentativo di farlo, si sentirebbero inadeguati, incapaci e non all’altezza, minando fortemente la loro autostima. Per quanto difficile, è compito del genitore sostenere e proteggere i figli, mai il contrario. I bambini sono e devono restare solo bambini.

  • Usare i figli come pedine nella negoziazione*, limitando i loro contatti con l’altro genitore al fine di punirlo. Chi si punisce realmente sono i figli stessi.

  • Usare i figli come tramite. I bambini non dovrebbero mai consegnare documenti importanti tra i due coniugi, riportare i messaggi che i coniugi non voglio riferirsi di persona, né tantomeno fare da fattorini per la consegna di assegni. I figli non possono e non devono avere alcun ruolo che li coinvolga attivamente nella separazione e nei conflitti tra i genitori.

  • Parlare male, denigrare o insultare il proprio ex-coniuge in presenza dei figli.

  • Chiedere ai figli cosa hanno fatto nel tempo passato con l’altro genitore, né chiedere loro di spiarlo per proprio conto.

I bambini non hanno niente a che vedere con la fine del matrimonio. La separazione o il divorzio sono già sufficientemente duri e traumatici per loro senza che i genitori li coinvolgano direttamente nella questione. È dovere di entrambi i coniugi, di entrambi i genitori, rendere la separazione il meno traumatica possibile per i figli, spiegando loro in maniera chiara che non hanno alcuna responsabilità né alcuna colpa per quello che sta accadendo. Che i cambiamenti nella loro vita saranno solo di carattere logistico ma non affettivo e che l’amore dei genitori nei loro confronti e la presenza di entrambi nella loro vita, non verrà mai meno. Queste sono le uniche parole che i figli devono udire riguardo al divorzio

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Fino a quando un genitore e' tenuto a mantenere un figlio maggiorenne?

3/3/2014

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Per il nostro ordinamento, un genitore e' obbligato a mantenere un figlio anche se divenuto maggiorenne finché lo stesso non abbia raggiunto una indipendenza economica.

Questo significa che se un figlio decide di intraprendere gli studi universitari o non ha ancora trovato un'occupazione i genitori sono tenuti a provvedere al suo mantenimento.

Per evitare però che il figlio maggiorenne utilizzi questa situazione in maniera opportunistica, gravando sulle finanze dei genitori, la Cassazione e' intervenuta a fare chiarezza con alcuni provvedimenti.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23590 del 22 novembre 2010, ha affermato l'esclusione dell'obbligo del genitore separato al mantenimento del figlio maggiorenne che, sebbene non autosufficiente economicamente, ha in passato iniziato ad espletare un'attività lavorativa a tempo determinato. 

Ancora, con la sentenza n. 27377 del 06.12.2013, la Cassazione ha stabilito che: "il figlio ultratrentenne non ha più diritto all'assegno di mantenimento se è in possesso di un patrimonio tale da potergli garantire un'autosufficienza economica".
Inoltre, la Suprema Corte, con l'ordinanza n. 1585/2014, ha chiarito che: "se il figlio ha uno scarso rendimento negli studi universitari e comunque con lavoretti occasionali riesce a raggiungere una certa indipendenza, il padre può essere liberato dall'obbligo del mantenimento". 

Molto interessante e' anche il contenuto di un decreto del Tribunale di Milano dell'11 aprile 2013.
Il Tribunale ha riconosciuto ad un padre la revoca dell'assegno di mantenimento in favore del figlio perché lo stesso aveva ventiquattro anni, da sei anni aveva abbandonato gli studi, non si era dedicato al reperimento di una stabile occupazione lavorativa ed,infine, conviveva stabilmente con la sua compagna. 

Dunque, in questo caso specifico la revoca dell'assegno e' stata giustificata non solo perché il ragazzo volontariamente non si era attivato a reperire un'attività lavorativa ma anche perché andando a convivere con la propria fidanzata aveva di fatto dato vita ad un nuovo nucleo familiare staccandosi dalla famiglia di origine.

In conclusione:
Un genitore può chiedere la revoca dell'assegno di mantenimento in favore del figlio tutte le volte in cui lo stesso sia iscritto all'università ma con scarso rendimento (ad esempio pochi esami in tanti anni) oppure pur avendo opportunità di lavoro le rifiuti; un figlio che si comporta in tal modo utilizza il mantenimento del genitore in maniera opportunistica e parassitaria, di conseguenza non ha alcun diritto ad essere mantenuto.
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Modalità di visita dei figli: chi decide?

24/2/2014

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Quando una coppia si separa senza riuscire a trovare un accordo sulle modalità di frequentazione dei figli, spetta al giudice stabilire una regolamentazione minima degli incontri: vediamo in che misura.

Una delle questioni più spinose che si pone in una separazione matrimoniale è spesso costituita dalla decisione su tempi e modi con cui il genitore non convivente con la prole (di solito il padre) dovrà frequentare i figli.

Infatti, se è noto che, di regola, la prole è affidata in modo congiunto ai genitori [1] (salvo gravi motivi che giustifichino l’affido esclusivo), è anche vero che il bambino, di fatto, dovrà vivere in modo prevalente con uno solo di loro (in genere la madre).

A chi spetterà, allora, decidere quando e come il bambino dovrà trascorrere il suo tempo col genitore che non abiti stabilmente con loro?

La soluzione più auspicabile, che rappresenta anche la regola generale, è quella che debbano essere i genitori a concordare i tempi e modalità di tali incontri.

A questo scopo potrà essere di grosso aiuto alla coppia raggiungere l’accordo di separazione dopo aver seguito un percorso di mediazione familiare o di diritto collaborativo: ciò in quanto, in tal modo, gli accordi sono presi con maggiore consapevolezza dei reciproci bisogni e sono destinati anche a durare nel tempo, senza che le parti  in seguito si rivolgano al Tribunale per modificarli.

Ma cosa accade quando la coppia proprio non riesce a collaborare?

Una sentenza della Corte d’appello di Catania [2] ha precisato come, in tal caso, debba essere il giudice a decidere sugli incontri. Egli potrà tuttavia stabilire solo una “cornice minima” dei tempi di permanenza, valutando una serie di fattori come:

- il tipo di relazione familiare che il genitore non convivente ha con i propri figli, non essendo essa caratterizzata dalla abitudinarietà di determinati comportamenti (come, ad esempio, il mangiare e il dormire);

- la necessità che i figli trascorrano dei tempi adeguati a consentire un rapporto continuativo con il genitore non convivente (ad esempio, gli interi fine settimana o tempi infrasettimanali) senza che, tuttavia, ciò comporti una interferenza con l’ordinaria organizzazione di vita domestica con l’altro genitore.

Ad esempio, il giudice può prevedere che il genitore non convivente debba trascorrere col bambino almeno due giornate a settimana e determinati periodi festivi, ma non potrà indicare nel dettaglio i giorni e le esatte modalità degli incontri, che vanno comunque demandate al buon senso dei genitori e alla capacità di anteporre l’interesse dei bambini a quelli personali e al conflitto giudiziario.

In questo senso, precisa la sentenza, dovere del genitore è saper interpretare in modo responsabile eventuali “segni di disagio” dei figli e quindi, per esempio, riportarli dall’altro genitore, se durante la notte non riescono ad addormentarsi senza la presenza di quest’ultimo.

In ogni caso, sottolinea la Corte, quanto specificato dal giudice non va mai letto come una limitazione dei tempi di permanenza con l’altro genitore; una limitazione, infatti, può essere disposta dal magistrato (ad esempio, prevedendo che genitore e figlio si incontrino solo presso i servizi sociali) solo se vi sia prova che dalla libera frequentazione delle parti possa derivare un danno al minore (si pensi al caso in cui il bambino si mostri turbato all’idea di incontrare da solo il genitore a causa di episodi di violenza cui abbia assistito in passato).

IN PRATICA 
Dopo la separazione, sono i genitori a doversi accordare sui tempi e le modalità di permanenza dei figli con ciascuno di loro. Solo in mancanza di un accordo, tale decisione spetta al giudice, il quale dovrà stabilire una regolamentazione minima degli incontri, senza limitare il diritto di genitori e figli a frequentarsi in modo continuativo.

[1] L’art. 155 cod. civ., come modificato dalla L.54/06 prevede che “Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi….
Il giudice… valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore… Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori.


Fonte: http://www.laleggepertutti.it/47425_modalita-di-visita-dei-figli-chi-decide

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Risarcito il coniuge separato a seguito della morte dell'ex consorte

18/1/2013

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La Corte di cassazione con sentenza n. 1025/2013, ha stabilito che se tra due ex coniugi separati continua a sussistere un forte legame affettivo, magari rafforzato dalla presenza di uno o più figli, ed uno dei due muore, a causa di un sinistro stradale, l'ex coniuge (vivente) può chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale, che deriva dalla sofferenza a seguito di un evento doloroso.

E' necessario dare la prova della sussistenza del forte legame affettivo tra i due ex coniugi, come lo stato d'animo che normalmente si subisce per effetto della perdita di un congiunto.
La misura del risarcimento, dato comunque che il matrimonio era già sciolto, è ridotta rispetto a quello che spetterebbe tra persone sposate.

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Eliminata l'odiosa differenza tra figli legittimi e figli naturali

30/11/2012

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ImmaAvvocato Andrea Solza | Genova
Pochi giorni fa con 336 voti favorevoli, 31 contrari e 58 astenuti, è passata la legge che equipara i diritti dei figli naturali a quelli nati all'interno del matrimonio (legittimi).
Finalmente in Italia tutti i figli sono uguali: in particolare il testo di legge dice che: "la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età".
E si chiude con «nel codice civile le parole: "figli legittimi" e "figli naturali" sono sostituite, ovunque ricorrano, dalla seguente: "figli".

Il figlio, qualunque sia la sua situazione familiare "ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacita', delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni". Il figlio "ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti", introducendo quindi i diritti e doveri del figlio, modificando l'art. 315 c.c.".

Il figlio minore (che ha compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento) "ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano". Il figlio "deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa"; il figlio può sottrarsi all'obbligo di prestare gli alimenti a quel genitore, nel caso però in cui sia venuta meno la potestà genitoriale.

Il Governo dovrà adottare entro 12 mesi "uno o più decreti legislativi di modifica delle disposizioni vigenti in materia di filiazione e di dichiarazione dello stato di adottabilità per eliminare ogni discriminazione tra i figli, anche adottivi".

Questa legge era attesa da anni e sembra incredibile che solo nel 2012 sia stata eliminata una discriminazione così odiosa e non degna di un Paese civile. 

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