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Come modificare gli accordi pattuiti nell'atto di separazione

16/9/2014

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E' possibile modificare i provvedimenti riguardanti l'affidamento dei figli e le questioni economiche dopo aver effettuato l'atto di separazione? Si, e non è così difficile come può sembrare.

Tutte le decisioni pattuite nell'atto di separazione riguardanti i rapporti personali con l'ex coniuge (come ad esempio l'affidamento dei figli e le questioni patrimoniali) possono essere modificate in qualsiasi momento. Come? Il procedimento non è così complesso come può sembrare.

Per chiedere al Giudice di modificare gli accordi pattuiti al momento della separazione basta presentare dei motivi giustificati in Tribunale. Le ragioni che posso portare alla modifica degli accordi di separazione devono sottolineare dei cambiamenti di fatto e di diritto rilevanti rispetto a quelli considerati al momento della separazione giudiziale o consensuale.

Facciamo qualche esempio:

hai appena ricevuto una promozione e un incremento dello stipendio? Il tuo ex coniuge potrebbe chiederti di aumentare in proporzione l'assegno di mantenimento che era stato precedentemente pattuito. Al contrario, invece, se hai perso il lavoro o se ti è stato diminuito lo stipendio, sarai tu a poter chiedere la diminuzione dell'assegno di mantenimento da versare al tuo ex coniuge;

se durante l'atto di separazione, il tuo ex coniuge non ha chiesto l'assegno di mantenimento, potrebbe chiederlo a seguito della perdita di lavoro, del taglio dello stipendio o di altri motivi validi;

nel caso in cui fossero coinvolti dei figli minori, il genitore non collocatario che ha diritto a vederli in giorni prestabiliti potrebbe richiedere l'assegno l'aumento o la riduzione dei periodi e delle tempistiche di visita nel caso in cui traslocasse all'estero o molto lontano dalla residenza dei figli.

Per modificare le condizioni di separazione è necessaria l'assistenza di un avvocato che faccia ricorso secondo le norme previste dal'art. 710 c.p.c. al Presidente del Tribunale . Una volta accertati i motivi di modifica proposti, il Tribunale emette un decreto motivato impugnabile con reclamo alla Corte d'Appello e attiva le procedure necessarie per revisionare l'atto di separazione.       

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Fino a quando un genitore e' tenuto a mantenere un figlio maggiorenne?

3/3/2014

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Per il nostro ordinamento, un genitore e' obbligato a mantenere un figlio anche se divenuto maggiorenne finché lo stesso non abbia raggiunto una indipendenza economica.

Questo significa che se un figlio decide di intraprendere gli studi universitari o non ha ancora trovato un'occupazione i genitori sono tenuti a provvedere al suo mantenimento.

Per evitare però che il figlio maggiorenne utilizzi questa situazione in maniera opportunistica, gravando sulle finanze dei genitori, la Cassazione e' intervenuta a fare chiarezza con alcuni provvedimenti.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23590 del 22 novembre 2010, ha affermato l'esclusione dell'obbligo del genitore separato al mantenimento del figlio maggiorenne che, sebbene non autosufficiente economicamente, ha in passato iniziato ad espletare un'attività lavorativa a tempo determinato. 

Ancora, con la sentenza n. 27377 del 06.12.2013, la Cassazione ha stabilito che: "il figlio ultratrentenne non ha più diritto all'assegno di mantenimento se è in possesso di un patrimonio tale da potergli garantire un'autosufficienza economica".
Inoltre, la Suprema Corte, con l'ordinanza n. 1585/2014, ha chiarito che: "se il figlio ha uno scarso rendimento negli studi universitari e comunque con lavoretti occasionali riesce a raggiungere una certa indipendenza, il padre può essere liberato dall'obbligo del mantenimento". 

Molto interessante e' anche il contenuto di un decreto del Tribunale di Milano dell'11 aprile 2013.
Il Tribunale ha riconosciuto ad un padre la revoca dell'assegno di mantenimento in favore del figlio perché lo stesso aveva ventiquattro anni, da sei anni aveva abbandonato gli studi, non si era dedicato al reperimento di una stabile occupazione lavorativa ed,infine, conviveva stabilmente con la sua compagna. 

Dunque, in questo caso specifico la revoca dell'assegno e' stata giustificata non solo perché il ragazzo volontariamente non si era attivato a reperire un'attività lavorativa ma anche perché andando a convivere con la propria fidanzata aveva di fatto dato vita ad un nuovo nucleo familiare staccandosi dalla famiglia di origine.

In conclusione:
Un genitore può chiedere la revoca dell'assegno di mantenimento in favore del figlio tutte le volte in cui lo stesso sia iscritto all'università ma con scarso rendimento (ad esempio pochi esami in tanti anni) oppure pur avendo opportunità di lavoro le rifiuti; un figlio che si comporta in tal modo utilizza il mantenimento del genitore in maniera opportunistica e parassitaria, di conseguenza non ha alcun diritto ad essere mantenuto.
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Separazione, come cambia l'assegno di mantenimento se mutano le condizione economiche

4/6/2013

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Separazione e assegno dio mantenimentoSeparazione e assegno di mantenimento.
Riduzione del mantenimento alla ex quando cambiano le condizioni economiche la Cassazione sancisce il principio della riducibilità del mantenimento stabilito dal Giudice della separazione, laddove siano mutate le reciproche condizioni economiche degli ex coniugi.
Allo stesso tempo, ribadisce l'obbligo del genitore al mantenimento del figlio maggiorenne libero da impegni scolastici e inoccupato non per sua colpa.
Nel caso affrontato, il ricorrente faceva valere in Appello - senza ottenere soddisfazione - l'avvenuta riduzione del suo reddito a seguito di pensionamento per motivi di salute, e il contemporaneo incremento del reddito dell'ex moglie che aveva nel frattempo trovato un impiego stabile e ricavato denaro dalla vendita di un terreno e dalla locazione di una casa di sua proprietà.
Chiedeva altresì, sempre senza successo, un ridimensionamento dell'obbligo contributivo nei confronti del figlio, il quale, a suo dire, aveva ingiustificatamente rifiutato un'opportunità di lavoro regolare, che gli avrebbe permesso di autosostentarsi.

Nel giudizio di legittimità la Corte modifica la sentenza dei Giudici di Secondo Grado relativamente alla mancata revisione dei rapporti economici fra gli ex coniugi, rinviando al giudizio di merito anche la determinazione della somma dovuto dall'ex marito. 

Per il resto conferma l'obbligo paterno di contribuire al sostentamento del figlio maggiorenne incapace di mantenersi da solo, il quale aveva dichiarato ai Giudici dell'Appello di aver rifiutato non già un'offerta di lavoro stabile, ma un posto di barista stagionale, che non avrebbe certo potuto garantirgli l'autonomia economica.

Fonte: Cassazione: Riduzione del mantenimento alla ex quando cambiano le condizioni economiche 
(StudioCataldi.it)


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Assegni per il nucleo familiare in caso di separazione o divorzio

10/4/2013

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In caso di separazione o divorzio, il genitore affidatario dei figli che non lavora può chiedere gli assegni per il nucleo familiare a suo nome, ma sulla posizione, tutelata, dell’ex marito.

Il genitore separato o divorziato, che non lavora e intende richiedere l’assegno per il nucleo familiare quale genitore affidatario, sulla posizione dell’altro genitore [1], deve presentare direttamente la domanda di prestazione che, se inoltrata al datore di lavoro, deve essere corredata dal modello di autorizzazione rilasciato dall’Inps.

In base a quanto previsto da una circolare dell’Istituto di Previdenza Nazionale [2], il riconoscimento del diritto all’assegno per il nucleo familiare snelle situazioni di separazione legale o di divorzio va definito secondo quanto segue.

Il nucleo è costituito dall’affidatario e dai figli affidati e il reddito familiare è quello corrispondente a tale composizione.

Naturalmente, l’assegno non potrà essere percepito ove non si realizzino le condizioni previste dalla legge, e in particolare quella che prevede che il totale dei redditi da lavoro dipendente e/o equiparato sia almeno pari alla percentuale del 70% del reddito familiare complessivo [3].

Quando invece il coniuge affidatario vive con i nonni, caso molto frequente in tempi di crisi economica, si può richiedere all'inps gli assegni familiari sulla posizione dei nonni e finanche dei bisnonni. 
[1] Ai sensi dell’art. 211 della L. 151/1975.
[2] Inps, circolare n. 48/1992.
[3] A cura di Fabio Venanzi.
Fonte: http://www.laleggepertutti.it

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Lui paga l’affitto e a lei alleggeriscono l’assegno di mantenimento

20/3/2013

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Secondo la Corte di Cassazione, sentenza n. 22950/12, se il coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno di mantenimento lascia la casa coniugale ed è costretto a pagarsi l’affitto, sì può operare una riduzione dell'assegno che l'ex marito deve pagare.
Il caso: dopo 43 anni di matrimonio, segue il divorzio e il relativo assegno di mantenimento che lui deve corrispondere all’ex moglie: 670 euro, secondo il Tribunale.
Di diverso avviso, invece, i giudici di secondo grado, che riducono l’importo dell’assegno di mantenimento a 250 euro mensili (annualmente rivalutabili).

La donna lamenta un errato apprezzamento da parte dei giudici dell'appello, i quali avevano deciso per la riduzione valutando la consistenza del reddito della donna, la diminuzione del reddito del marito e l’omessa considerazione della comproprietà della casa coniugale.
Invece la Corte Suprema ritiene corretta la decisione dei colleghi della corte di appello, precisando che, nel caso in esame, l’uomo aveva lasciato la casa coniugale alla ex consorte, andando a vivere in un appartamento in affitto.
Insomma, gli oneri derivanti dalla locazione di un nuovo alloggio hanno giustificato la riduzione dell’assegno di mantenimento nei confronti della donna.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it 


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Separazione e divorzio. Differenza tra Alimenti e Mantenimento

9/1/2013

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Se moglie e marito si separano, alle pressoché immancabili ripercussioni sentimentali e psicologiche, soprattutto a danno dei figli qualora vi siano, si aggiungono più o meno complessi e gravi problemi di natura economica: assegnazione della casa familiare all’uno o all’altro coniuge, spartizione del patrimonio immobiliare e mobiliare, quantificazione dell’assegno di mantenimento da porre a carico del coniuge economicamente più forte, e assegno di mantenimento per i figli.

Quando poi, trascorso il periodo di legge (tre anni dalla comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale per la procedura di separazione), si passa dalla separazione al divorzio, si ripropone in questa sede il problema del mantenimento del coniuge più debole e degli eventuali figli.
Prima di addentrarci nella materia, però, è opportuno chiarire la differenza fra due istituti giuridici fra loro simili ma quantitativamente diversi: quello di alimenti e quello di mantenimento.

Gli alimenti
Gli alimenti (art. 433 del codice civile) si fondano sul vincolo di solidarietà che lega, o almeno dovrebbe legare, le persone fra le quali corre taluno dei rapporti indicati dalla legge: per esempio coniugio, parentela e affinità entro certi gradi.
Qualora si verifichi lo stato di bisogno dell’avente diritto (si deve trattare di persona compresa fra quelle indicate dalla legge e comunque non in grado di provvedere a se stessa), l’obbligato – o, se vi sono più obbligati, ciascuno in proporzione alle proprie sostanze – può scegliere fra il corrispondere all’alimentando un assegno a questo titolo, oppure accoglierlo e mantenerlo nella propria casa.
L’obbligo di somministrare gli alimenti viene meno, fra l’altro, se muore l’obbligato o se cessa lo stato di bisogno dell’avente diritto.

Il diritto agli alimenti ha natura patrimoniale (ossia ha un contenuto economicamente valutabile), ma a differenza degli altri diritti patrimoniali non è cedibile, essendo intimamente connesso, come già detto, allo stato di bisogno del titolare.

Il mantenimento
Concetto più ampio di alimenti è quello di mantenimento, consistente non nel somministrare all’avente diritto di che vivere, ma nell’assicurargli un tenore di vita proporzionato alla propria condizione economica; rientrano così nel concetto, per esempio, l’abbigliamento, l’istruzione, i mezzi di trasporto e di comunicazione (Cassazione 11/12/2008, n. n. 45809).

Di regola in sede di separazione o di divorzio quello che rileva è il mantenimento; al coniuge, però, cui sia addebitabile la separazione e che versi in stato di bisogno, spettano soltanto gli alimenti.

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